domenica 11 novembre 2012

La Missione nelle Scritture

«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». (Lc 4, 18)


Nell’Anno della Fede nasce l’esigenza di riferirsi alla radice, al paradigma di Missione proposto da Gesù, a cui tutti i battezzati sono chiamati a dare continuità. Durante il nostro ritiro spirituale decanale, siamo stati condotti a riflettere su questo tema dal biblista Luca Moscatelli.

Per conoscere, attraverso le Scritture, il modello di Missione proposto da Gesù e apprenderne lo stile, ci è stato proposto l’approfondimento del Vangelo di Luca a partire dal versetto 14 del IV capitolo, che narra la predicazione di Gesù nella Sinagoga di Nazareth.
Il racconto segue il triplice episodio delle tentazioni nel deserto subite da Gesù da parte del demonio, a cui resistette traendo ispirazione proprio da quanto affermato nelle Scritture, facendo emergere con chiarezza l’intenzione di rifuggire dal miracolo come atto sensazionale, che porta beneficio esclusivo a se stessi, per non cadere nell’idolatria; viceversa la Missione di Gesù si caratterizza per l’umiltà, vissuta attraverso il servizio che pone gli altri in primo piano.
E prima ancora era avvenuta la manifestazione di Gesù nel Battesimo - «Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto», avvenuto in mezzo ai peccatori, come a rispecchiare la morte in croce, per testimoniare la solidarietà di Dio nei loro confronti, come a rivelare il senso profondo della Missione, che porta anche in mente l’offerta di Santa Teresa di Lisieux: «Accetto di mangiare del pane della sofferenza fino a quando tu vorrai. Non voglio alzarmi da questa tavola colma di amarezza, alla quale siedono i peccatori, prima del giorno che tu hai stabilito...»; il peccato viene visto nelle Scritture come lontananza da Dio, distanza che viene colmata solo quando Dio viene a vivere in mezzo a noi, concedendo di fatto il perdono.
Nella Sinagoga Gesù riceve il rotolo della Scrittura del Profeta Isaia, ma è Lui a scegliere il brano attraverso cui profetizzare: «Lo Spirito del Signore è sopra di me», che fa di Lui l’Inviato, inaugurandone la Missione, per restituire ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi di ogni popolo, razza e religione la propria dignità, per ripristinare l’uguaglianza, per testimoniare l’avvento dell’Anno di Grazia del Signore: «Oggi questa Scrittura si è compiuta nei vostri orecchi».
La reazione nazareni è di stupore di fronte al riconoscimento di Gesù, che seppure avesse vissuto per trent’anni in mezzo a loro, crescendo in sapienza e grazia, non era stato fino allora realmente conosciuto, per mancanza di sintonia con il progetto di Dio: l’attesa degli israeliti era infatti per l’anno della vendetta di Dio contro i suoi nemici, eventualità completamente esclusa da Gesù, da qui il rancore e la rabbia che si manifesta nei suoi confronti. Ma è proprio nell’assenza di distinzione per i destinatari che garantisce l’autenticità divina dell’intervento di Gesù: l’indicazione per noi è di occuparsi di tutti, pur senza dimenticare i propri.
«Lo Spirito del Signore è sopra di me» è la consacrazione di Gesù a Re, tramite unzione sacra; se oggi questa Parola si è riempita (come espresso nell'etimologia ebraica) nelle nostre orecchie, significa che - ascoltandola - essa viene riferita a ciascuno di noi, affinché portiamo il lieto annuncio: la Parola ci riguarda e ci rende protagonisti, come spinti dall’ardore dei discepoli di Emmaus: voi siete una primizia, scelti per andare ad annunciare la Parola!
La visione dei poveri deve perciò ferirci il cuore e provocare in noi la giusta indignazione, rendendoci annunciatori della Salvezza di Dio, che è per tutti, e strumenti nelle sue mani.

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